mercoledì 27 febbraio 2013

AUTISMO: "Lettera alla Presidente di Angsa Torino"

Cara Arianna,

consentimi una premessa affatto scontata. Quando parlo o scrivo di autismo so di non possedere la verità e, per conseguenza, di non poter proporre soluzioni unanimemente condivisibili. Ti sembrerà strano questo esordio. Eppure ho incontrato, neanche troppo tempo fa, persone, in Angsa Torino, che - evidentemente prigioniere di una visione vetero-integralista - intendevano il confronto unicamente come una sorta di prendere o lasciare, convinte che tutto fosse discutibile fuorché la "loro" verità; convinte che la diversità di idee costituisse non una risorsa ma un problema; convinte che l'autismo fosse qualcosa che solo alcuni, a nome di altri, potessero correttamente gestire e indirizzare.
Il libero confronto, converrai sicuramente con me, è ben altro!

Anche per questo sono persuaso che tu abbia raccolto un'eredità molto pesante, assumendo la presidenza di Angsa Torino, e ciò giustifica la simpatia, umana prima di tutto, con cui seguo il tuo tentativo di dare un volto e un'anima a un'associazione della quale, voglio ricordarlo, resto pur sempre un modesto semplice iscritto.

Vorrei rispondere con pacatezza alle tue argomentazioni, non prima di averti nuovamente ringraziato per la partecipazione al dibattito cui questo blog cerca faticosamente di dar voce. Bene hai fatto, anche di recente, a sollecitare l'indicazione di proposte concrete, per quanto - ma posso sbagliare - non è che nei commenti pervenuti non si intravedessero idee e suggerimenti...
Circa le altre disponibilità, cui fai riferimento nella nota, per una volta voglio pensarla positivamente (io che non eccello in questo campo), nel senso che le battaglie sull'autismo penso che non si combattano solo presenziando a direttivi, assemblee e convegni, né garantendo per forza una presenza costante che per svariate ragioni non si è in grado di assicurare. In altre parole, chissà che le assenze che lamenti non siano da attribuire a ragioni molto serie, comprese una diffusa disaffezione e tendenza alla delega, retaggio di un passato che certo non passerà alla storia come modello di coinvolgimento e dibattito plurale.
Proverò io a lanciare qualche idea, e dovrai accontentarti... Cercherò di farlo tenendo anche conto, e sviluppando, alcune sollecitazioni che ho colto.
Ti dico subito che poiché non mi interessano le questioni personali non farò riferimenti  diretti a dolorose vicende che ho vissuto in prima persona. Tenterò, insomma, di essere il più possibile oggettivo, e chiedo sin d'ora scusa a te e a tutte le persone che mi leggeranno se involontariamente inciamperò su questo onesto proposito.

Sono tra quelli che giudicano molto insufficiente l'azione condotta da Angsa negli ultimi anni, in particolare per ciò che attiene il rapporto con la residenzialità, e perciò con quella vasta fascia di persone rappresentata dagli autistici adulti.
Se può essere lodevole (ma, a dirla tutta, non difficilissimo...) raccogliere, come ci ricordi, delle firme a sostegno della petizione popolare sui LEA,  promossa da Maria Grazia Breda (eccellente persona, cui riconosco una solida competenza ), sono però persuaso che questo sia solo un puntello, e non certamente l'architrave, di una strategia di Angsa che punti, in tempi ragionevoli, a migliorare significativamente la qualità della vita dei nostri figli.
Anche quello che tu correttamente denunci come colpevole "immobilismo della Regione" (ma esiste un atto scritto ufficiale, inviato alla Regione Piemonte, in cui l'associazione si assume la responsabilità di questa sacrosanta definizione?), a proposito di ciò che ha fatto (meglio dire "non fatto") per gli autistici adulti, boicottando vergognosamente il Tavolo istituzionale, si inscrive in una cornice che, alla fin fine, chiamerei di pura attesa messianica. Della serie: "Abbiate fede, prima o poi il cadavere passerà sul letto del fiume... Noi lo aspetteremo seduti sulla riva".
Può bastare questo atteggiamento attendista? E possiamo accontentarci di "prendere atto" che anche le Linee guida sono state disattese dall'ISS?
Voglio dire, Arianna: in attesa che tra cento anni le cose che hai indicato si realizzino, e la montagna partorisca il topolino, non varrebbe la pena cominciare a fare i conti anche con l'immediato, tanto più perché se apriamo alcuni capitoli è facile capire che ci troviamo dinanzi a un bilancio assolutamente fallimentare?

Se, per esempio, analizziamo i dati sulla residenzialità, sfrondandoli però di ogni  pregiudizio personale, è facile accorgersi che la storia dell'accoglienza in strutture diurne e residenziali a Torino, come in tutto il Piemonte e nel resto del Paese, è tutt'altro che esaltante, contrariamente a quanto qualcuno, in Angsa, va sostenendo da tempo.
Non siamo solo solo di fronte a una drammatica  carenza di strutture, fatto già in sé gravissimo, ma è impossibile non accorgersi, a meno di non girarsi dall'altra parte, che quelle esistenti non sono quasi mai comunità specificamente rivolte ad autistici, a persone cioè ben diverse rispetto a chi soffre di altre problematiche cerebrali accompagnate a ritardo mentale.
Non comprendere questo, o sottovalutarlo, significa di fatto assicurare copertura - più o meno consapevole - a prese in carico spesso del tutto inadeguate, proprio perché fondate sul presupposto che gli autistici siano "solo" malati mentali.
Nel corso di questi anni è mancata, in Angsa, la consapevolezza di non essere affatto davanti a una vera progettualità, fondata - come sarebbe necessario - su modelli abilitativi e riabilitativi idonei a riconsegnare le persone autistiche a prospettive di vita interessanti e possibili.
In modo miope non ci è accorti che ciò che di norma viene proposto è far trascorrere al disabile  molte ore in solitudine (l'importante, anche se non viene detto, è che sia "tranquillo"...), per poi - se va bene - condurlo, a orari prefissati, a un tavolo, ad eseguire compiti stucchevoli, impostati su rigide sequenze mnemoniche, frequentemente scollegati tra loro. Pressoché zero sono le occasioni di lavoro e di contatto con il mondo esterno. Pressoché zero le strategie che si pongono come obiettivo il concreto raggiungimento di una graduale autonomia, nei limiti della condizione di ciascuno, attraverso un reale coinvolgimento della persona autistica.
Siamo in presenza di un "fare" incomprensibile in termini abilitativi, perché produce solo una modalità ripetitiva e rallentante, inutile e - aggiungo io - dannosa: una banale  somministrazione di attività che poco o nulla hanno di pedagogico ed educativo, estrapolate - come sono - dal modello storico riabilitativo tipico del ritardo mentale. Una pratica che ha poche, apprezzabili, eccezioni.

Altro, Arianna, serve invece ai nostri figli:  a cominciare da un'abilitazione che persegua sul serio un'autonomia individuale nella gestione di quanto appreso ("apprendere", dovremmo averlo capito, è cosa ben diversa dal realizzare gli step di estenuanti sequenze ripetute all'infinito!).
Esiste oggi un modello, di riconosciuta efficacia, con queste caratteristiche, applicabile agli autistici adulti ospiti di strutture residenziali? A mio parere sì, e risponde al nome di Superability.
Ignorare altrimenti il problema o, peggio ancora, affermare che non esiste, è solo una squallida scorciatoia che ha avuto, e ha, pesanti ricadute su tante persone autistiche.
Viene da chiedersi, Arianna, se tutti gli autistici sono uguali, se tutti debbano avere gli stessi diritti. Me lo sono chiesto anch'io tante volte, e ti confesso che ho il sospetto che non sia così (leggi in propositi il mio commento a Manuela nel post Informazione da "Autismo e società") . Che alcuni, cioè, vivano in una dimensione molto più precaria di altri, non potendo per "misteriose ragioni" (uso un eufemismo) contare sulle stesse opportunità.
I dubbi che potremmo essere di fronte a inaccettabili discriminazioni non possono essere dissipati attraverso  facili smentite. Occorre invece sondarli in modo serio, con una costante azione di monitoraggio, che non è mai stata condotta finora e che, invece, è tanto più doverosa se solo si pensa che sarebbe di competenza di chi si professa (nella sua stessa ragione sociale) "rappresentativo dei genitori di soggetti autistici".
E però, in questa realtà, viene da chiedersi: "rappresentativo di cosa?". Dello stallo in cui siamo caduti? Della incapacità di  suggerire ipotesi di cambiamento radicali e non di facciata?
Hai mai pensato di vedere con i tuoi occhi cosa potrebbe significare, domani, per tuo figlio, vivere in questi luoghi per trecentosessantacinque giorni all'anno? Fallo, ti prego...
Tempo fa suggerivo la stessa cosa ad alcuni scettici di Angsa. Se, come asseriscono, molti autistici trovano in queste confortevoli strutture tutto ciò di cui abbisognano, perché negare anche ai "loro" figli la possibilità di godere delle stesse eccellenti opportunità?
Non ci crederai ma la mia domanda non ha mai ricevuto risposa. Secondo te come mai?

Un'associazione non è un club. Occorre tornare alle origini, sedersi al tavolo istituzionale forti delle proprie idee e proposte,  smettere di essere un soggetto residuale che aspetta che siano gli altri a dettare i tempi e i contenuti dell'agenda.
Deve, un'associazione che si rispetti, favorire innanzitutto la sottoscrizione di un protocollo capace di impedire la realizzazione di comunità a forte, se non esclusiva, matrice socio-assistenziale. Occorre, poi, presentare progetti davvero rispondenti ai bisogni delle persone autistiche, a partire dall'indicazione di un modello abilitativo, e di un tecnico capace di attuarlo, che restituiscano agli autistici (a tutti, e non a tutti meno qualcuno) prospettive di vita interessanti anziché di mera sopravvivenza.
Ecco perché, Arianna, dissento fortemente quando scrivi: "La nostra presenza è subordinata a un invito che a fatica ci possiamo conquistare con molta diplomazia e pazienza". Io ribalto completamente la tua impostazione (la stessa di tanti altri, purtroppo); trovo che sia è figlia di un inaccettabile atteggiamento remissivo che non può non condurre alla frustrazione e alla sconfitta.
Dobbiamo essere noi a stanare gli altri, a costringerli a pronunciarsi sulle nostre proposte. Chi tra loro dissente nel merito ce lo dica, perché ciò che desideriamo è innanzitutto un confronto libero e plurale, in grado di arricchire il progetto. Siamo disponibili all'ascolto, purché non si confonda - com'è avvenuto - la nostra disponibilità al dialogo con altro. Discutiamo insomma, ma alla fine, per favore, individuiamo una sintesi e vincoliamola a scadenze precise e inequivocabili.
Se capiamo di essere di fronte a  una manovra dilatoria o ostruzionistica abbiamo il dovere (non la possibilità) di segnalarlo all'opinione pubblica, mettendoci la faccia e non lamentandoci al telefono con pochi intimi.
In questi casi è possibile, per dirne una, scrivere un comunicato stampa che racconti fedelmente la verità, da pubblicare sui quotidiani e da trasmettere alle redazioni delle televisioni locali (cui tanti politici non sono insensibili). Vedremo allora se, davanti a questi semplici accorgimenti, funzionari e politici di professione cambieranno "all'improvviso" atteggiamento nei nostri confronti.
La diplomazia può essere una virtù, ma anche rappresentare una camicia di Nesso o, se preferisci, un'imperdonabile debolezza nel momento in cui costituisce l'unica bussola dell'associazione.
Per quanto riguarda le alleanze io penso che non si debbano inseguire le sirene della politica. Gli alleati giusti sul piano istituzionale Angsa li ha già (penso per esempio a Eleonora Artesio, che ha dato prova di grande serietà e vicinanza al mondo dell'autismo), non possono essere cambiati sol perché le maggioranze si modificano e qualcuno (più illuso di altri) riesce a racimolare un numero di cellulare che, al massimo, garantirà un'anticamera di due ore dal passacarte di turno.

Bisogna imparare, Arianna, a conoscere da vicino il mondo della residenzialità. Parlare direttamente con le famiglie, non credere - com'è avvenuto in passato - che inviare mail per copia conforme, a cento destinatari, sia la soluzione del problema di un'informazione e di un dibattito rimasti penosamente assenti negli ultimi anni, con la conseguenza di determinare una devastante frustrazione dei soci.
A differenza di quanto proponi tu non penso che la soluzione sia quella di affidarsi a genitori tutor (tra l'altro mi piacerebbe sapere quanti di loro hanno  figli ospitati in strutture residenziali, e pertanto possono trasmettere significative conoscenze agli altri...).
Credo piuttosto che solo parlando con chi  quotidianamente vive questa esperienza e solo monitorando le diverse realtà potrai davvero farti un'idea precisa di quale sia la condizione reale. E' solo partendo da qui che si potranno costruire i progetti di cui ti parlavo prima.
Angsa, e ogni altra associazione, deve rivendicare un ruolo da protagonista: per farlo non serve (se non marginalmente) l'arte della diplomazia di cui scrivi. Serve un'altra cosa, molto più difficile da conquistare: diventare davvero credibili!

I nostri figli, e a maggior ragione i loro genitori, non possono aspettare a lungo. Prima ti confessavo di temere che gli autistici non siano tutti uguali. Affermo ora che questo è tanto più vero per i loro genitori. Conosco, e sarò lieto di fartele conoscere, persone stupende, gente semplice che fatica a scrivere una lettera e quando la scrive non sbaglia solo i congiuntivi; persone che economicamente faticano a sbarcare il lunario e che a tutto questo aggiungono la disgrazia di avere un figlio o una figlia autistica; persone quasi mai raggiunte dai salotti buoni dell'autismo che scelgono evidentemente altri interlocutori "più raffinati".
Davvero tu pensi che Angsa possa limitarsi ad affermare "Alle problematiche dei singoli casi possiamo dare solo un supporto di indicazioni alla famiglia che deve lottare in prima linea"?
Possibile che tu non abbia valutato il rischio del ricatto che incombe su questi genitori, nel momento in cui lamentano la condizione dei loro figli? Che non ti renda conto che, in questo modo sciagurato, "i casi singoli" si moltiplicheranno? Ti girerai anche tu dall'altra parte, finendo di fatto per diventare connivente, com'è successo in passato a chi si è sentito dire: "Si prenda suo figlio e gli trovi un'altra sistemazione", senza che Angsa Torino (e non solo Angsa Torino, a dire il vero...), abbiano (vergognosamente) mosso un dito contro simili atti di prevaricazione e arroganza?

Ecco, Arianna, avrei molte altre cose da dire ma non voglio stordirti oltre né rischiare di annoiare chi mi legge. Spero che tu abbia compreso che lo stress dei genitori viene da lontano e ha ragioni molto facili da comprendere. Non abbiamo bisogno (se però preferisci dico "non ho") di lezioni magistrali tenute da dotti professori.
Tutto questo per dire che non ci sarò venerdì 1 marzo ad ascoltare Marc Serruys sul tema "Autismo e stress" . Non ci sarò perché quel giorno mio figlio mi aspetta in comunità per trascorrere qualche ora con me a casa (e io sono solo, non dimenticarlo) ma, te lo confesso con grande onestà intellettuale, non sarei venuto comunque. Le parate, anche se prestigiose, non fanno per me, tanto più se sono dedicate a questioni di cui colpevolmente facciamo finta di non conoscere l'origine. Meglio sarebbe parlare dei temi che sono più vicini a noi e ci condizionano la vita. Se il professor Serruys fosse d'accordo mi dichiaro fin d'ora disponibile, insieme a Gabriele, e solo dopo che gli avremo offerto un caffè, a portarlo in tour per per mostrargli dove, e come, vivono molti autistici (si stresserà?).

Grazie comunque dell'attenzione. Non mancherà occasione, spero, di approfondire con te alcuni temi e introdurne di nuovi. So bene che in Angsa (e non solo) ciascuno fa del proprio meglio, a cominciare da chi ha incarichi di responsabilità: l'ho sempre riconosciuto, apprezzato, non ho mai mancato pubblicamente di sottolinearlo. Il punto, però (se non vogliamo perpetuare le leggende metropolitane del passato che indicavano pretestuosamente in ogni critica un attacco personale, che invece non stava né in cielo né in terra) non è fare qualcosa, bensì fare la cosa giusta, quella che davvero serve ai nostri figli. E farla non in tempi biblici.
Mi viene in mente, in proposito, chi, pur di giustificare l'ingiustificabile, mi ricordava anni addietro la vecchia locuzione latina "Gutta cavat lapidem" (la goccia perfora la pietra). Peccato che io non abbia potuto spiegarne il significato a Gabriele... Se questo non è avvenuto, credimi, non è certo solo perché lui non conosce una parola di latino!

Un abbraccio e un saluto




P. S. Questo post riprende la discussione che si è avviata con "Autismo: i tanti Gabriele" (lo troverete nell'archivio). Chiedo a tutti il favore di diffonderlo  per allargare un confronto del quale molti avvertono il bisogno. 
Tutti possono partecipare: associazioni (non solo Angsa), educatori, familiari, insegnanti, persone che non devono avere per forza figli o parenti autistici...
Mi stupisco che il contatore del blog segnali un numero abbastanza elevato di pagine visualizzate, ma che a ciò non consegua sempre un intervento diretto. Ho avuto modo di sentire persone appellarsi al "riserbo piemontese" (mah!) per giustificare la loro titubanza a intervenire. 
"... Riserbatevi" di meno, direi con una battuta, perché ci sono temi molto seri che potete sicuramente arricchire con il vostro contributo. Fatelo non per me ma per tanti autistici che ne hanno necessità.
Ricordo che tutto sarà pubblicato senza alcuna censura. Chi non avesse ancora capito come si inviano i commenti vada, per favore, nell'archivio sulla destra della home page, sul post che si intitola "A proposito di commenti". Chi proprio non ce la fa mi invii una mail e provvederò io stesso alla pubblicazione (uno dei miei indirizzi di posta elettronica è gianfranco.vitale@libero.it).





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lunedì 25 febbraio 2013

Vergogne


Ricevo e pubblico volentieri
Ciao,
Al compimento della maggiore età mio figlio Cristian, affetto da sindrome di Down, ha provato a inoltrare la richiesta di cittadinanza italiana. Ma è bastato alla Prefettura sapere che Cristian è persona con sindrome di Down per ritenerlo non idoneo a prestare il giuramento di fedeltà alla Repubblica.
Il Ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri ha richiesto una risoluzione del mio caso, ma a tutt’oggi non ho ricevuto notizia di alcuna soluzione ufficiale.
Chiedo che venga risolto il caso di mio figlio e che l’ufficio legislativo del Viminale lavori alla stesura di un disegno di legge che eviti per il futuro il ripetersi di casi simili.
Se è certamente possibile che alcune persone con sindrome di Down, o con altra disabilità intellettiva, non comprendano il senso di quanto devono giurare, è altrettanto vero che tale incapacità non può essere presunta a priori per tutti.
Impedire a Cristian di accedere a tale diritto si traduce in un atto di discriminazione basata sul suo stato di persona con disabilità, violando l’art. 18 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dal nostro Paese con la legge n. 18/2009.
Sono la mamma di Cristian, e non posso sopportare che mio figlio pur essendo nato e cresciuto in Italia non sia italiano a livello giuridico, solo perché io sono cittadina colombiana e il padre italiano non lo ha riconosciuto.

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Informazione da "Autismo e società"


Ricevo e pubblico volentieri

Buongiorno,

durante la giornata del 17 novembre 2012 "10 Interventi per l'autismo", organizzata da Autismo e Società, è stato presentato il Progetto Filippide http://www.progettofilippide.it/ prospettando la sua attivazione a Torino nei primi mesi del 2013.

Quel momento è arrivato: il 13 marzo Filippide partirà presso il centro sportivo SISPORT di via Olivieri 32 a Torino, con lezioni di nuoto e di corsa per persone con autismo.
Il Progetto Filippide (affiliato CIP - Comitato Italiano Paraolimpico) nasce a Roma nel 2000 con lo spirito di dimostrare come lo sport, e più specificamente il nuoto e la corsa, possano diventare per le persone affette da autismo, uno strumento funzionale all’acquisizione di autostima, all’integrazione sociale, al miglioramento delle autonomie personali.
Utilizzando tecniche specifiche di allenamento, aiuta gli atleti disabili a valorizzare le loro potenzialità e li guida verso un'integrazione ottimale nella società, attraverso la corsa, il nuoto e le attività ricreative e formative.
Visti gli ottimi risultati conseguiti in oltre 10 anni in molte città italiane, sono stati presi accordi per avviare Filippide a Torino, secondo le modalità ed il modello operativo proprio del Progetto.
Autismo e Società gestirà Filippide a Torino attraverso l'Associazione Sportiva Dilettantistica "Autismo e Sport" con un team composto, al momento, da 7 istruttori, 4 per il nuoto e 3 per la corsa; il nuoto si svolgerà il mercoledì ed il giovedì mattina, mentre la corsa il martedì ed un'altra mattinata da definire; le lezioni sono rivolte a tutte le fasce di età.

Le iscrizioni sono aperte e per informazioni su costi ed orari, scrivere a info@autismoesocieta.org o telefonare al 349-7158035 (a breve anche su www.autismoesocieta.org).

Su http://vimeo.com/autismoesocieta sono disponibili i video della presentazione del "Progetto Filippide" effettuata dal suo fondatore e Presidente Nicola Pintus durante la giornata “10 interventi per l’autismo” del 17 novembre 2012.

Siamo a vostra disposizione per ogni informazione e vi inviamo un cordiale saluto.
Autismo & Società Onlus
Via Condove 24 - 10129 - Torino
349-7158035
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domenica 24 febbraio 2013

Una baracca davanti al cimitero: UNA STORIA IMPERDIBILE

Ho ribattuto, in mezz'ora, il testo di un articolo di Niccolò Zancan, pubblicato sulla Stampa di giovedì 21 febbraio. 
Chi volete che abbia letto una storia come questa, raccontata a pagina 53, in giorni in cui siamo stati completamente distratti dalle promesse elettorali ripetute incessantemente su televisioni e giornali? A me è successo e confesso che dopo aver letto questo articolo mi sono sentito molto più povero delle protagoniste della storia.
Andrò a visitare quella baracca perché sento di non poterne fare a meno.



La signora Anna Ciuraru ha un motto: "Dio dice: se vuoi mangiare, lavora". E quindi, visto che è quasi ora di cena, taglia la legna, accende la stufa, carica un bidone di plastica su un vecchio passeggino sgangherato e va a fare rifornimento d'acqua alla fontana. Avanti e indietro, prima che venga buio. Mette un giaccone marrone, un berretto azzurro e caccia un urlo: "Agrippina, non avere paura! Compro i biscotti per questa sera, torno in fretta".
Agrippina sta seduta immobile su una panchetta. E' cieca, scheletrica, ha un tumore al fegato, problemi psichici, muove appena le scarpe da ginnastica bianche senza stringhe che qualcuno le ha regalato. Un piccolo tremore sulle assi di legno. Non risponde.
La baracca è davanti al Cimitero Monumentale. E' costata 200 euro. Su un pannello di cartone bianco c'è scritto: "Con telaio e finestre". Un lavoro ben fatto, nel suo genere. E' in mezzo a un piccolo bosco secco e sporco, pieno di pietre tombali e gatti randagi: due stanzette ricavate con lamiere e materiale di scarto. Eppure per quanto sia fredda, per quanto sia oggettivamente scomoda e abusiva, per quanto questa baracca faccia paura, ad Anna e Agrippina sembra comunque un dono di Dio: "Proprio un regalo, no - ride adesso Anna Ciuraru - a settembre ho pagato un ragazzo romeno per farmela costruire. Ma in ogni caso, è meglio qui del mio alloggio a Bacau, Romania, da dove siamo partite con il pullman. Io sono la tutrice di Agrippina".

Ora, la domanda più importante di tutte è: "Perché Anna e Agrippina di 53 e 51 anni, titolari di due pensioni di invalidità da 100 e 200 euro regolarmente accreditate ogni mese sul loro conto corrente, stanno qui al gelo a Torino?"
"Noi siamo in Italia per avere un dottore che ci tratti da esseri umani - risponde Agrippina - siamo qui per mangiare e per farci curare. Per la sanità e per le mense dei poveri, dove se bussi, qualcuno ti apre, al massimo mangi il cibo scaduto. In Romania non è più possibile. Si paga per tutto. Una tangente ad ogni sportello. La corruzione è ovunque. E poi devi comprarti da solo le siringhe, le bende, le medicine, non si può... Non ce la fai proprio. E' colpa del presidente Basescu, se ci siamo ridotti così".
Il presidente romeno Traian Basescu non sta simpatico alla signora Anna Ciuraru, al punto che lo sfida piantando i suoi grandi occhi scuri contro l'obiettivo della nostra piccola telecamera: "Guarda, signor presidente Basescu! Guarda bene cosa ci costringi a fare...".

Questa sera mangiano due scatolette di tonno. Poi hanno un arancio e tre kiwi da dividere, comprati al mercato di Porta Palazzo.
Alle sei e mezza la baracca è invasa da un buio umido e assoluto. Non ci sono lampioni nelle vicinanze. Ma per fortuna Anna è andata a ricaricare il suo telefonino da frate Stefano al Cottolengo, ha comprato le pile nuove per la radio. Alle sette e mezza si mettono stese vicine, seppellite sotto sei coperte. "Il mio amore è Eros Ramazzotti - racconta Anna - la sua voce mi fa piangere".
E così, nella baracca davanti al cimitero, si spera nelle scelte di un dj amico. Agrippina sorride e fa un verso strano con la bocca, Anna muove il pollice sulla rotella delle frequenze: "Eros Ramazzotti, Albano o Biagio Antonacci, ecco chi vorrei sentire".

Dopo cena è il momento dell'insulina, l'iniezione è alla luce dello schermo del cellulare. Agrippina va cambiata. Un pentolino con un po' d'acqua bolle sulla stufa. Per tutto il resto c'è il bosco.
Anna e Agrippina si svegliano alle sei, fanno colazione con i biscotti secchi e i grissini, poi si salutano.
Anna, da sola, va a cercare il cibo per un altro giorno in Europa. "Per fortuna siamo cittadini europei - dice - per questo possiamo essere curati bene, io e la mia ragazza".
Ti racconta: "All'ospedale Amedeo di Savoia abbiamo incontrato medici bravi e gentili, vogliamo dire grazie". Da una borsa di plastica, tira fuori le lastre di Agrippina. "Il tumore è qui", indica con il dito.
Poi prende le analisi del sangue che la riguardano: "Ecco, vedi, diabete e epatite".
Ma chi è venuto a trovarvi alla baracca? "Due assistenti sociali. Era la fine di settembre. Non riuscivano a crederci: "Chi vi ha costruito tutto questo? Ma davvero? E' pazzesco!".
Cosa vi hanno detto? "Che non possono fare niente per noi. Non hanno neppure una stanza".

Anna ha lavorato come cuoca, poi come custode, fino a quando si è ammalata. Nel 2007 il tribunale le ha affidato Agrippina, che era una sua vicina di casa a Iasi. "Il mio lavoro adesso è prendermi cura di lei fino alla fine. Come ho fatto con mio marito Alexandru, morto di cancro ai polmoni il 26 maggio 2011".

Notte a quattro gradi sottozero. Nella baracca si sogna una canzone italiana, un medico compassionevole, l'arrivo della primavera, una stanza o almeno un cantuccio più caldo.
"Ma in ogni caso, da Torino non ce ne andiamo - dice Anna Ciuraru - se ci mandano via dormiamo lungo il muro del cimitero e il giorno dopo siamo di nuovo qui".
Un posto da incubo per chiunque, non per Anna e Agrippina:
"Stiamo qui per mangiare. Stiamo qui per le cure. L'Italia è un posto molto più bello dove aspettare la morte".

[G. V.] Il video, a oggi, era ancora disponibile all'indirizzo

http://www.lastampa.it/2013/02/21/multimedia/cronaca/in-una-baracca-per-farsi-curare-a-torino-SkwxYfGluwUgvsAyWRyHwK/pagina.html



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venerdì 22 febbraio 2013

Fine settimana

Auguro a tutti un sereno fine settimana.

Molti mi hanno chiesto, via e_mail, di intervenire nuovamente nella discussione che si è aperta in tema di autismo. E' ciò che conto di fare intorno a lunedì - martedì, quando proverò a raccogliere qualche idea (ribadisco, però, a beneficio di quanti si avvicinano per la prima volta al blog che, pur essendo io genitore di una persona autistica, non intendo assegnare a questo spazio la funzione esclusiva di megafono dell'autismo.
Per dirla brutalmente ne ho già le scatole piene da più di trent'anni e l'autismo continuo a farlo (e non a dirlo) ogni giorno, in primissima persona, con difficoltà spesso crescenti (non fosse altro che per sopravvenute  ragioni anagrafiche).
Non ne sento dunque... la nostalgia e nasce da qui il bisogno di inventarmi, a volte, qualcosa di rilassante, uno staccare la spina insomma. E ben venga, se possibile, una risata che mi (ci) allontani, per un po', da  questo dramma e mi aiuti, anzi, ad affrontarlo meglio qualche ora dopo.
Chi si aspettava, o si aspetta, un blog specifico sull'autismo ha sbagliato indirizzo (fermo restando che quelli che hanno voglia di scrivere di autismo troveranno qui, in ogni caso, porte aperte e - ciò che più conta - nessuna censura).

In ogni caso, nel ringraziare tutti dell'amichevole sollecitazione che mi è stata rivolta, mi congedo da voi  invitandovi a cliccare sul seguente link
http://www.magiclandia.net/Flash/cartellemagiche.asp

E' un giochino simpatico, giusto per provare a non pensare a cose serie. Se vi piace proponetela ai vostri figli (tanto più se autistici).
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giovedì 21 febbraio 2013

Informazione

Pubblico molto volentieri questo annuncio che ho trovato su Google+


Diamond Dario

18:56  -  Pubblico
A TUTTI GLI AMICI DI G+ POSSO CHIEDERVI UNA COSTESIA SU UNA COSA CHE MI STA' MOLTO A CUORE? C'E' QUALCUNA DISPOSTO A PUBBLICARE QUESTO MESSAGGIO E LASCIARLO SULLA SUA BACHECA PER ALMENO UN ORA?
QUESTA E' LA SETTIMANA
DELL'EDUCAZIONE SPECIALE,DELL'AUTISMO,DEL ADHD(DEFICIT DI ATTENZIONE),DELLA DISLESSIA...E' IL MESE DELLA SENSIBILIZZAZIONE.PER TUTTI I BAMBINI CHE LOTTANO OGNI GIORNO PER AVERE SUCCESSO...E DI COLORO CHE LI AIUTANO.
GRAZIE
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Filmato

Vorrei proporti, caro diario, la visione di un filmato. Lo troverai cliccando su questo link:

http://youtu.be/N80RvA7080o

L'ho chiamato "Di principi, di re e di regine...". Di re re troverai addirittura una famiglia di leoni, ma naturalmente le definizioni "principi, re e regine" vanno prese in senso lato.

Mi corre l'obbligo di ringraziare, tra gli altri, Terry Lauriero, Maurizio Di Rosa, Graziella Cannata, Carmen Stanica
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mercoledì 20 febbraio 2013

Rivoluzione? Macché...

Giornata a tempo pieno quella che mi appresto a trascorrere con Gabriele. Che idea ho? Stamattina penso di andare con lui alla piscina Massari... per farlo rilassare in mezzo a gente normale, facendogli fare una cosa normale com'è sicuramente, se piace, quella di scivolare nell'acqua. Senza nessuno che lo accompagni prendendolo per mano, come succede spesso a gente che dimentica di avere di fronte un uomo di 31 anni; nessuno che gli consegni un inutile salvagente visto che se la cava benissimo in questa attività, nessuno che gli mostri ridicoli PCS con  grottesche sequenze da rispettare in modo meccanico persino in un atto  dinamico come il nuoto.
Libero di muoversi , di dire "voglio" o "non voglio", "basta" o "continuo".

Pomeriggio cinema (ho in mente "Les miserables", e non importa se rimarremo in sala venti minuti o sessanta o tutto il tempo). Gli farò questa proposta: ci sono tante altre opzioni, da una passeggiata in centro a un giro di mezz'ora in treno fino a Chivasso per prendere il caffè che tanto gli piace, da un incontro a casa di amici a un salto alle giostre della Pellerina...
Scelga lui cosa fare, perché questo è il traguardo vero: farlo scegliere, accrescerne l'autostima, non costringerlo ad accettare le scelte altrui, a cominciare dalle mie.

E la sera? Cazzo: c'è Milan Barcellona, vuoi mettere? Perché dare per scontato che non si entusiasmi e grida gooool alla rete di El Shaarawi?

Dici che questa è la rivoluzione, caro blog? Sbagli. Semmai si chiama solo "normalità" e per fare cose normali, credimi, non servono slide o PCS. E' sufficiente la voglia di provarci, di metterci la faccia, sapendo che se anche realizzerai il venti per cento delle cose che ti proponi sarà  comunque un grande risultato (è dagli obiettivi alti che si deve partire, non da quelli bassi, per non precipitare nella frustrazione) e sapendo altresì che se non lo fai adesso andrà persa l'ennesima occasione.
Con buona pace del professor Monti è della sua dichiarazione così poco british dell'altro giorno, quando ha affermato di non volersi rivolgere ai "ritardati mentali" per illustrare i suoi programmi elettorali; lui che poi non esita a farsi fotografare tra mamme di disabili al solo scopo di raccattare quattro miseri voti,. Lui così roboticamente vivo, come tutti hanno modo di apprezzare ogni sera in televisione!

Appuntamento a domani pomeriggio, allora. Chi ha voglia vada a vedere una cosa interessante a Palazzo Madama (Tesori del patrimonio culturale albanese): non sarete soli, come dimostra questa foto


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martedì 19 febbraio 2013

Un film alla mia portata

Ieri sera ho visto al cinema  "Il principe abusivo": mi intrigano sempre i film che la Stampa recensisce con due stelle (giudicandoli mediocri), a differenza di quelli valutati con tre o quattro  (che raramente capisco, soprattutto se presentati come "intellettuali"). Credo che questo atteggiamento sia dovuto, oltre che alla mia modestia culturale, alla necessità che ho di rilassarmi con qualcosa di leggero per scaricare le  tensioni che accumulo ogni giorno. Ma deve esserci anche altro: come mai, per esempio, non compro mai prodotti firmati? Come mai evito, se posso, di acquistare cose pubblicizzate in modo martellante in televisione?

Tornando al film ho trovato un Alessandro Siani "mostruosamente" bravo: ha ragione, secondo me, chi sostiene che sia il nuovo Troisi. Bravi anche, in ruoli non proprio congeniali, Serena Auteri e Christian De Sica. Esilarante Albanese in  alcune fugaci apparizioni.
Quello che non mi ha convinto (almeno in parte) è la storia su cui il film poggia. Direi una favola, con difficili agganci alla realtà, soprattutto per quanto riguarda il ruolo della protagonista (Sarah Felbermaum). Eppure la storia poteva anche avere un senso se il film fosse durato dieci minuti in meno: naturalmente non posso dire qui "perché", rovinerei la sorpresa...
Il prezzo del biglietto è ampiamente ripagato dalle gag di Siani che, credo per la prima volta, si cimenta anche nel ruolo di regista.

E ora vi regalo una vignetta, giusto per sorridere. Ciao



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lunedì 18 febbraio 2013

I disabili siamo noi

Della vicenda Pistorius - Steenkamp non colpisce solo la consueta morbosità dei mass media,  preoccupati unicamente di innalzare gli indici di ascolto con il lancio delle più disparate congetture, ultima in ordine di tempo l'omicidio per gelosia...  In fondo questo è un atteggiamento che si può persino tentare di capire. Ha dentro di sé una logica per quanto aberrante, dal momento che ai giornali e alle televisioni che fanno gossip poco interessa il dramma umano, molto di più il cinico ritorno economico degli sponsor!
Ciò che personalmente trovo ancora più ipocrita e disgustoso è il clima di caccia alle streghe della cosiddetta gente comune. Mi è capitato, anche in questa occasione, di sentire formulare non solo sentenze di condanna che sono di là da venire (e che magari ci saranno... Perché esercitarsi, però, in un mestiere che spetta ad altri?), ma anche ascoltare giudizi sommari fondati sul presupposto che una persona gravemente disabile è molto più esposta di altre (!) a "turbe mentali" capaci di tradursi in atti gravissimi, fino all'uccisione di un essere umano.

Questa barbara lettura della disabilità è chiaramente figlia di una diffusa ignoranza che questo Stato si è dimostrato incapace non solo di sconfiggere ma persino di contrastare. Esiste al riguardo un pauroso deficit culturale del quale nessuno parla, ancora una volta perché il "problema" sembra appartenere solo ad altri, a chi è colpito direttamente o indirettamente da certe tragedie.

A mio parere, per rimuovere questa paurosa arretratezza, non è tanto importante realizzare una facile rituale campagna di sensibilizzazione. Ciò di cui c'è bisogno è invece un vero e proprio salto culturale.
Senza conoscenza, infatti, ci trasformeremo noi tutti in disabili, nel senso che non saremo mai abili a capire!
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venerdì 15 febbraio 2013

Ricevo e pubblico volentieri




L'Associazione Museo Nazionale del Cinema è lieta di invitarci a partecipare all'appuntamento

Aspettando cinemAutismo 2013


In attesa dell'edizione 2013, cinemAutismo ripropone alcuni titoli delle precedenti edizioni presso la Bibliomediateca "Mario Gromo" del Museo Nazionale del Cinema.

Il prossimo appuntamento è previsto per mercoledì 20 febbraio 2013 alle ore 21 presso la Bibliomediateca "Mario Gromo" in Via Matilde Serao 8/A, Torino, con la proiezione di Mary & Max.


Mary & Max (Australia 2009, 88’, v.o. con sott. Ita) di Adam Elliot

Film in claymotion che narra la storia dell’amicizia epistolare tra Mary, una bambina timida e solitaria che vive nella periferia di Melbourne, e Max, un newyorkese di 44 anni con Sindrome di Asperger.

Introdurranno il film Ginevra Tomei (co-curatrice di cinemAutismo) e la Dott.ssa Patrizia Gindri (Responsabile del Servizio di Psicologia del Presidio Sanitario San Camillo di Torino)


Ingresso libero fino ad esaurimento posti
Non è possibile effettuare prenotazioni.


Per maggiori informazioni: www.cinemautismo.it  - www.amnc.it


Cordiali saluti

Segreteria
Angsa Piemonte sez. Torino Onlus
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AUTISMO: i tanti Gabriele


Caro Gianfranco, mi piacerebbe che tu aprissi una discussione su cosa sono oggi i tanti Gabriele che, nostro malgrado, ci vediamo costretti a parcheggiare (si può dire ?) nelle varie strutture di accoglienza (inadeguate) in cui sono costretti ad una convivenza non facile fra di loro, in quanto diversi nelle loro problematiche. Secondo me, la maggior parte di queste comunità sono state create più per rispondere ad una esigenza logistica che per rispondere alle varie esigenze e problematiche che i vari handicap creano a queste persone ed alla società nel suo insieme. Mi chiedo quando non ci saranno più i genitori a seguirli, cosa ne sarà di loro?

Mantengo la promessa, fatta all'autrice autore di questa nota, di una risposta ai temi che propone. Non ho nessuna difficoltà ad avviare una discussione, pur non essendo questo un blog monotematico, e anzi mi piacerebbe se essa fosse la più larga e condivisa. Per esserlo – tuttavia - non basta sicuramente la mia modesta persona, intanto perché al massimo io posso portare quello che è solo il mio contributo e poi perché sarebbe sicuramente più interessante e proficuo se le associazioni presenti sul territorio volessero esprimere il proprio punto di vista. Vale per ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) e non solo, dal momento che per fortuna c’è un certo pluralismo che si va affermando e io non intendo affatto blindare la discussione e/o restringerla ad alcuni a danno di altri.
Vorranno dirci come la pensano? Vorranno illustrare i loro programmi in materia di residenzialità? Vorranno indicare a chi, e quando, intendono rivolgersi per sostenere le ragioni degli autistici e dei loro familiari? Vorranno spiegarci come mai si va estendendo una certa disaffezione tra gli iscritti?Vedremo… Se non sarà così i genitori trarranno le conclusioni conseguenti perché, se è vero che siamo sfigati, è altrettanto vero che non siamo stupidi.
Poche cose cose, per finire: la discussione (se ci sarà) vorrei che non fosse ristretta ai soli addetti ai lavori; in altre parole tutti (e non solo chi è coinvolto in questi difficili problemi) hanno – se vogliono – la possibilità di esprimersi (prego ognuno dei lettori del blog di farsi parte attiva presso i loro conoscenti ed amici). Seconda cosa: per favore firmate alla fine i vostri commenti perché faccio fatica a rivolgermi a fantasmi. Terzo: se scrivete una nota più lunga, non potendo rientrare nella categoria “commento”, va trasformata in un post vero e proprio (in altre parole, in questo caso, inviatemi il pezzo via email e lo pubblicherò integralmente). Grazie.

Ed ecco un primo piccolo contributo (naturalmente molto ci sarebbe da aggiungere, in particolare per quanto riguarda il concetto di abilitazione, a mio parere oggi assai "incerto").


Cosa sono, oggi, i tanti Gabriele…

Gabriele è una delle oltre 400.000 persone che in Italia sono diagnosticate autistiche. La sua storia (e la mia) sono comuni a quelle di tanti autistici e familiari che hanno vissuto, o vivono, la stessa drammatica esperienza.
Parliamo, è bene ricordarlo, di un disturbo caratterizzato da un insufficiente sviluppo della funzione cerebrale, che investe ogni area funzionale della persona e dura tutta la vita. Un disturbo omnicomprensivo, pervasivo, totalmente invalidante, caratterizzato da aspetti talmente specifici (un’interazione sociale alterata, problemi nella comunicazione verbale e non verbale e di immaginazione, attività ed interessi insoliti ed estremamente ripetitivi) da rendere impossibile un approccio affidato a facili ricette del tipo: “fare cose brevi in tempi brevi”.
Al contrario è necessario mettere in campo una serie di interventi, intensivi e precoci, destinati a essere parte integrante di un approccio globale di tipo cognitivo comportamentale, il solo idoneo a restituire significative conquiste di autonomia a persone i cui bisogni primari sono fortemente compromessi.

Se questo non avviene (e troppe volte non avviene…), se non si costruisce con continuità un coerente progetto che abbracci l’intero arco di vita della persona autistica, diventa inevitabile che “all’improvviso” (espressione quanto mai discutibile e anzi sbagliata), quasi sempre in situazioni di emergenza cui non si dovrebbe mai arrivare, le condizioni possono diventare talmente gravose da costringere tanti familiari, già provati da mille fatiche, travolti come sono da eventi terribili, a rivolgersi alle istituzioni pubbliche, nella speranza di ricevere un sollievo e un aiuto per se stessi e soprattutto i loro cari.
In queste situazioni limite, quando va bene, l’unica proposta che si sentono fare, una sorta di prendere o lasciare, è quella che fa riferimento a una generica indistinta istituzionalizzazione, la soluzione – per capirci - che si adotta in genere con gli anziani non autosufficienti.
Poco importa se, per effetto di queste scelte, la qualità della vita degli autistici peggiora in modo significativo, se vengono perdute le abilità acquisite a scuola e nella vita in famiglia. L’importante, per le istituzioni, è avere individuato quella che per loro è la “soluzione”, la risposta all'appello disperato dei genitori.
Si avviano, così, risposte frettolose, proprio dettate proprio dall'emergenza, in cui prevalgono l’improvvisazione gestionale e terapeutica, il rimpallo di responsabilità, la presa in carico formale, la delega, la tendenza degli enti pubblici erogatori (ahimè quasi mai contrastata efficacemente dalle associazioni dei genitori), a non vincolare - attraverso un puntuale indispensabile monitoraggio - i loro partner, al rigido rispetto degli standard sottoscritti nei protocolli d’intesa (pur se quasi mai coerenti con i bisogni specifici di un soggetto autistico).

Ad aggravare il quadro c’è inoltre la consapevolezza che in una componente tutt'altro che irrilevante della psichiatria ufficiale permangono antiche tare ideologiche, fondate sul presupposto che l’autismo non sia altro che una malattia mentale, e come tale va contrastato “soprattutto”, anziché con un corretto approccio abilitativo, grazie un pesante approccio medico-farmacologico fondato sulla cosiddetta gravosità della sindrome.

Insomma è giusto dire che se l’autismo spiazza chiunque questo è tanto più vero nel passaggio alla maggiore età, quando è come se le persone autistiche «scomparissero». Perdono l’etichetta che li aveva contraddistinti fino a quel momento e passano sotto la categoria generica di "handicap mentale grave", con ciò che ne consegue.
L’educazione permanente, di cui tanto si disserta; un lavoro… sono miraggi inaccessibili. Realizzare centri di formazione professionale adeguati, strutture diurne e residenziali all'altezza dei bisogni, case protette dove le persone con autismo possano vivere, come qualunque essere umano, una vita adulta dignitosa, tutto questo evidentemente costa troppo o non è ritenuto abbastanza importante…
Alla luce di questa situazione io penso che il primo obiettivo che dobbiamo darci sia allora quello di garantire, a chi soffre di questa grave patologia, il diritto a una migliore qualità della vita. Il “diritto”, ripeto, perché i bambini, gli adolescenti, gli adulti con autismo, potranno avere un futuro solo a condizione che i loro diritti siano – per davvero – riconosciuti, rispettati e soprattutto applicati.

Considero un imbroglio, mi sia consentito, soffermarsi sulla questione legata al cosiddetto “dopo di noi”. Lo è perché dobbiamo capire, una volta per tutte, che il futuro dei nostri figli è adesso, che le prospettive sono solo e unicamente nelle nostre mani, che non dobbiamo delegare niente a nessuno, che dobbiamo rifiutare ogni ipotesi di sterile mediazione al ribasso con cui si fa solo finta di cambiare qualcosa senza in realtà cambiare nulla.
Rivendicare, con coraggio e senza ipocrisia, il diritto dei nostri figli a godere di quanto nonostante tutto la vita è ancora in grado di donare, è insomma una battaglia che va combattuta ora, “durante noi”, e non dopo di noi.

Senza opportunismi, senza tatticismi, senza favoritismi! Ma solo con l’orgoglio di chi sa di essere dalla parte giusta.
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giovedì 14 febbraio 2013

Un milione e otto contatti (più o meno)

Ho perso la scommessa... Sono riuscito a inserire il contatore in mezz'ora (lo trovate di fianco al mio profilo). E allora delle due l'una: o è tutto troppo facile oppure...
Non fate battute: il counter si è avviato da pochi minuti per cui mancano all'appello almeno un milione di contatti dei giorni precedenti (altro che il papa).

Adesso rispondo all'autore del commento su "Pane e spread". Ci aggiorniamo domani, devo pensare di proporvi qualcosa di diverso, chissà che non tragga ispirazione proprio dal commento che sto per leggere.

Ora rilassatevi andando sul link che vi propongo. Giuro che è straordinario: aspetto di essere smentito
http://www.filepps.com/pps-poteri-del-cervello.html   
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lunedì 11 febbraio 2013

A proposito dei commenti

Vi chiedo scusa della precisazione che sto per fare. Ho ricevuto alcune mail che segnalano la difficoltà a lasciare commenti a margine dei post. Premesso che non ho competetene né ambizioni "grilliane" mi permetto di dare alcuni semplici suggerimenti:

Se disponete di un account Google selezionate la voce "Account" nel box commenti che si trova alla fine del post. Date una serie di "Continua" (tralasciando inviti vari...) finché non viene richiesto di digitare i vostri account e password. Infine cliccate su "Pubblica".
Se NON disponete di un account Google selezionate, invece, "Anonimo" e completate l'operazione digitando numeri e lettere del codice che viene, poco dopo, visualizzato.

Naturalmente pur disponendo dell'account Google si può utilizzare la modalità "Anonimo" (non dimenticare, però, alla fine del commento di specificare il vostro nome o nikename, in modo che almeno io vi riconosca). Leggerete immediatamente il vostro commento: in caso contrario significa che l'operazione non è andata a buon fine.

Spero di avere dissipato qualche dubbio. Grazie dell'attenzione
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Scrive Nicola

Pubblico integralmente la testimonianza che mi è appena arrivata da Nicola,  una delle persone più care e straordinarie che ho avuto la fortuna di conoscere nella mia vita. Nicola (mi perdoni se rivelo che sei uno degli ultimi comunisti che ci sono rimasti?) è un trapiantato di fegato: quella che state per leggere è una lettera inedita che racconta di ciò che è stato, come dice lui, l'incontro - in quei terribili momenti - con la morte.
Sono lieto di concedergli questo spazio, coerentemente con la promessa che avevo fatto di rendere tutti, in prima persona, protagonisti un piccolo blog come "dallaloroparte". Ti sono molto grato, Nicola, del regalo che mi hai fatto.


Quando la signora

Solo quando don Primo uscì dalla mia camera, dopo avere unto il mio corpo con l’olio santo ed affidato con la preghiera la mia esile vita nelle mani del buon Dio, la Signora si decise a venir fuori dal suo angolo.
L’avevo già adocchiata, quando gli infermieri stavano mettendo a letto il mio povero corpo ormai provato. Alta, magra, spettrale. Avvolta nel suo nero mantello, emanava una luce sinistra da quell’angolo della stanza d’ospedale, dove se ne stava ritta, semi nascosta, con le mani strette al lungo manico della sua impressionante falce, ad aspettare il suo turno. S’avvicinò al mio letto, e con un gesto oscillante della mano sinistra semichiusa, con il palmo rivolto verso il basso e attraverso un cenno di capo, mi fece intendere ch’era giunto per me, il momento di seguirla.
Un lungo brivido freddo mi corse nelle ossa raggelandomi il sangue nelle vene.
Seppur spaventato dalle macabre intenzioni dell’avvolgente figura non mi lasciai intimorire, e con la calma del disperato che non vuole soccombere e quel fil di voce tremolante che ancora mi restava in gola, gli feci intendere che non potevo ancora seguirla nel mio ultimo viaggio.
Gli spiegai che avevo lasciato troppe cose incompiute quaggiù, in vita, e non potevo lasciarle a metà. Dovevo ancora dare un tetto sicuro alla mia famigliola, e non potevo lasciarla senza dargli una sistemazione e un po’ di sicurezza per il loro futuro.
Gli parlai anche delle tante cose che mi venivano in mente e che su questa terra non vanno: la sofferenza, l’ingiustizia sociale, la fame, la miseria, le guerre, e di tante altre brutte cose che hanno un’unica origine: LO SFRUTTAMENTO INDISCRIMINATO DELL’UOMO POTENTE SULL’UOMO E SULLA NATURA.
La Signora continuava ad ascoltarmi incredula, fissandomi dritto negli occhi e incuriosita dalle parole che stavo affastellando confusamente, annuì, si sedette ai piedi del mio letto ad ascoltarmi, restando silenziosa. Come se il mio essere che non voleva morire stesse scorrendo in un lungo sogno, incominciai ad esprimergli tutto ciò che avevo dentro; il mio disappunto e rammarico nel dover morire proprio adesso che finalmente avevo trovato un posto di lavoro sicuro e la mia vita sembrava avesse ripreso a scorrere nel verso giusto.
Per più di quindici anni avevo tribolato, subendo non solo offese e derisioni…
Dopo la cassa integrazione ed il licenziamento della Fiat, molti erano riusciti a trovare un altro impiego, io invece, senza santi in paradiso a proteggermi, non riuscivo a trovare nemmeno uno straccio di lavoro. Con il numero alto che avevo sul tesserino di disoccupazione, nemmeno alle chiamate pubbliche del collocamento riuscivo a trovare un benché misero impiego. Non sapevo più dove andare sbattere la testa durante quelle giornate che passavano velocemente, trovandomi alla sera sempre più stanco e demoralizzato. Ero costretto a stringere i denti ed andare avanti reprimendo tantissime volte la rabbia che accumulavo dentro ed a scacciare i cattivi pensieri che durante quelle maledette giornate trascorse inutilmente, martellavano la mia mente. Tante volte, stanco nel vagare, entravo in chiesa; pur essendo scettico, nella disperazione, mi attaccavo anche al Padreterno, affinché trovassi lavoro, ma entravo in chiesa soprattutto per trovare in po’ di quella pace interiore che ormai avevo smarrito da un sacco di tempo. Morire proprio ora che stavo risollevando economicamente la mia famiglia ed iniziando a rilassarmi e tornare a sorridere, lo trovavo molto penalizzante da parte della sfortuna che sembrava accanirsi contro di me.
Morire così, senza aver fatto qualcosa di buono e di utile per gli altri, durante la mia esistenza, voleva dire di essere transitato inutilmente su questa martoriata Terra. Il saper di aver lasciato almeno una “piccola traccia positiva” della mia umile esistenza, penso che sia già soddisfacente, per chi, come noi del popolino, è costretto ad un vita fatta di tanti sacrifici e solo di qualche piccola soddisfazione. Perciò, non potevo e non dovevo morire proprio ora!
Seppur esausto, ero ben disposto a non mollare, a parlare anche di tante altre cose, pur di temporeggiare, pur di convincere la Signora a non avvolgermi nel suo tetro manto nero e portarmi via. D’improvviso, senza profferir parola, mentre andavo a ruota libera con le mie chiacchiere, la Signora si alzò, togliendomi la parola e il respiro. Con il suo manto semi aperto, come due ali nere, restò ferma, ritta nella sua gigantesca figura ad osservarmi dubbiosa e, dopo un’ ultimo, lungo sguardo, frammisto di pietà e commiserazione, girò le sue larghe ed ossute spalle e oltrepassando l’uscio della stanza, si incamminò con il suo incedere malinconico e ciondolante, nel lungo corridoio dell’ospedale senza più voltarsi. Con il fiato sospeso la seguii con lo sguardo finché non girò l’angolo, sparendo dalla mia vista. Solo allora, finalmente, tirai un sospiro di sollievo. Lentamente i miei occhi iniziarono a chiudersi e ad assaporare il dolce riposo che solo la santa pace ed una lunga dormita ti sanno dare.
Mi auguro che quando la morte tornerà a prendermi per davvero, troverà di me soltanto un mucchietto di ossa striminzite, perché nel frattempo, voglio consumare tutto me stesso nel vivere intensamente il resto dei miei giorni. E se mai mi sarà concesso, vorrei porre un fiore sulla tomba di quella grande persona, che il 22 luglio 2004, donandomi l’organo, mi ha dato la possibilità di continuare a vivere.
Per intanto, arrivederci Signora... 



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I miei tesori

Sta nevicando su Torino... Saranno contenti i bambini che festeggiano il Carnevale, meno "chi bambino non è più da un pezzo" (diciamo così) e stamattina, dopo avere spalato la neve che bloccava l'auto parcheggiata di fianco al marciapiede, si è recato al lavoro! Siate forti...

Io ieri sono stato con Gabriele alle giostre e alla Fiera dei vini (ogni anno più angusta, devo dire): un modo per regalare a mio figlio, quanto meno, briciole di normalità. Lui ha fatto finta di gradire ma continuava a sbirciare l'orologio, come fa sempre, sapendo che più tardi sarebbe rientrato in comunità anziché a casa come fanno tutti. Cazzo!

Vi ho scritto di recente dei miei figli bellissimi. Oggi ve li faccio conoscere attraverso il video che ho caricato su Youtube. Ci sono loro, e poi Stewie (che è il gatto di Ileana: "ma non potevi chiamarlo semplicemente "micio", Ile?) e io. A proposito io sono presente nell'ultimo fotogramma, proprio alle spalle di Gabriele, e questa immagine - a cui tengo molto - è sicuramente tra le più belle che possiedo (tanto che intendo inserirla nella carta d'identità che sta per scadere).

Ciao






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venerdì 8 febbraio 2013

Fingere di vivere a pane e spread

Tra un paio d'ore andrò a prendere Gabriele (non vi ho ancora detto che mio figlio si chiama così. Mia figlia, invece, è Ileana). Lui "vive" in una comunità di cui è ospite da alcuni anni, dopo aver vagato da un posto all'altro. Ognuna di queste strutture è stata (naturalmente) del tutto inadatta a soddisfare i suoi bisogni specifici di autistico.
C'è stato un tempo in cui, lo ricorderete sicuramente, un cavaliere nero e la sua corte, fatta di nani, amazzoni e olgettine, hanno governato (?), dieci degli ultimi dodici anni, per convincerci che "prima di tutto" venivano le cosiddette Grandi Opere..., altro che - per esempio - la Ricerca Scientifica! Poi (di tempo) ne è arrivato un altro, in cui la Grande Finanza Internazionale (e nazionale) hanno deciso di travolgere ogni cosa, a partire da quelle "stupidaggini" che ci ostiniamo a chiamare diritti.
Cosa volete che siano, oggi, quelli che prima ho chiamato "bisogni", davanti alle esigenze dei mercati finanziari e al ritorno in politica di scheletri imbalsamati, ridotti a presentare in televisione patetiche imitazioni dei loro avversari politici dal momento che ormai faticano a imitare anche se stessi?
Sottolineo questo perché l'altro giorno, mercoledì mi pare, ho partecipato (sono il padre di un disabile, questo va ribadito) a una manifestazione in centro, con quasi un migliaio di persone.
A causa del taglio dei finanziamenti al welfare non solo molte di loro non percepiscono da mesi lo stipendio o sono in cassa integrazione, ma altrettanto devastanti sono le ricadute sugli utenti se si pensa che, per esempio, essi si vedono negata la possibilità di partecipare a quasi tutte le attività esterne e vedono drammaticamente ridotto il già esiguo minutaggio quotidiano destinato a ciascuno.
Insomma: se una nota pubblicità recita: No Martini, no party", qui potremmo dire: "Meno soldi, meno assistenza"!
Due cose mi hanno particolarmente indignato. L'indifferenza di tanta gente, che rifiutava persino i volantini dei lavoratori, su cui erano indicati i motivi della protesta; l'assenza delle televisioni che, più o meno contestualmente, cingevano invece d'assedio il sito dove andava in onda la commedia scritta e recitata da un Professore. Questi, dopo averci spiegato per settimane il concetto del "salire" in politica (questione notoriamente decisiva per le nostre vite) era ora impegnato a presentare il programma del suo movimento a una platea riverente (a cominciare da Luca di Emme) assiepata in platea.
Non era tanto importante il contrasto, che pure non potevo negare, tra il freddo che ci penetrava nelle ossa mentre protestavamo in piazza, e quel posto ben riscaldato in cui tanti plaudivano omaggianti all'Illustre Professore in loden e agenda, quanto una domanda che non riuscivo a scacciare dalla mente: "E' giusto che nella mia regione i finanziamenti per le politiche sociali siano scesi a 779 mila euro nel 2012 quando l'anno prima erano quasi 13 milioni?". E ancora: "E' giusto continuare a far pagare la crisi ai più deboli e indifesi, come se fossero loro i privilegiati, scandalizzandosi (fino a chiamarli "conservatori") se qualcuno - in aggiunta ad altre misure - evoca l'idea, chessò?, di una bella, sana, equa, etica patrimoniale?"-
Io credo che nessuno, davanti, a questi interrogativi, possa girarsi dall'altra parte come hanno fatto quei signori che hanno rifiutato di leggere un volantino... Sono questioni estremamente importanti che riguardano tutti, chi prima chi dopo. TUTTI!
E adesso lasciatemi andare...

P. S. Questo, lo ripeto, è un piccolo blog in cui ognuno è libero di esprimere le proprie opinioni, senza censure o rimaneggiamenti. Postatemi, via mail, i vostri contributi e sarò felice di allargare il confronto. Le idee non possono continuare a circolare solo nei salotti o tra minute oligarchie...
Amo, ogni giorno di più,  la democrazia. Odio (ogni giorno di più) la rassegnazione e la delega.


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giovedì 7 febbraio 2013

03 - Certi Momenti - Pierangelo Bertoli

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7 febbraio 2013

Quello che nasce oggi, 7 febbraio 2013, è un blog all'interno del quale vorrei proporre argomenti che spaziano dalla mia vita privata a temi legati all'attualità, di impatto sicuramente più pubblico.
Nel primo caso non mancheranno contributi e analisi legate in particolare all'autismo, essendo mio figlio colpito da questa grave forma di disabilità. Tra l'altro è imminente l'uscita di un libro, l'ultimo che ho scritto, che ripercorre alcuni tra i momenti più significativi di questa drammatica esperienza che ha segnato la mia vita: avremo modo di riparlarne...
Circa il secondo punto mi piacerebbe "discutere" di alcune problematiche molto attuali: per esempio della situazione politica del nostro Paese e delle implicazioni sociali ed economiche che ne sono diretta conseguenza.
Mi piace anche lo sport (non ho detto "solo" il calcio) e allora perché non parlarne in qualche occasione? Ho anche un certo interesse per l'arte, e la pittura in particolare..., nonché il cinema e la musica (meglio se italiani)
Ma è difficile, per lo meno per me, immaginare tutto quanto potrà succedere, così da essere riportato in questo blog. Per ora diciamo che i filoni principali dovrebbero quasi tutti cominciare, per una di quelle singolari coincidenze che non mi appassionano affatto, tanto più perché mi ricordano (a proposito...) alcuni personaggi della politica) con la "A": autismo, arte, attualità...
Ho detto "quasi tutti", perché poi - come ho già anticipato - vorrei presentarvi il libro che sta per essere pubblicato (quindi un bel tag che comincia con la lettera "L") e immancabilmente  ci sarà un "Varie" che conterrà quello che per ora non ho proprio cosa possa essere.

Dimenticavo: vivo a Torino, ho insegnato fino a qualche anno fa (e per fortuna sono andato in pensione prima che si abbattesse il ciclone Fornero-Monti, ovvero la premiata ditta di "macelleria sociale"), ho un figlio e una figlia bellissimi.

Ciao a tutti
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